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Torino, 2-24 maggio 2024
Il programma prevede l’inaugurazione il 2 maggio dalle ore 17, alle ore 18.30 ci sarà l'introduzione alla mostra a cura di Vanessa Carioggia e Andrea Barin.
Preview dedicata alla stampa alle ore 12.
L’esposizione presso la Sant’Agostino durerà fino al 24 maggio 2024.
L’esposizione farà da corollario della mostra dedicata all’artista che si terrà in GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e al Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto nel 2024.
Il sodalizio del Maestro con la Sant’Agostino nasce indietro nel tempo. Consultando i nostri cataloghi d’asta mi sono accorta che un’opera di Cremona compare già nei primi anni Ottanta. Nei primi anni Novanta la moglie, Danila Dellacasa, ci consegnò un nucleo consistente di opere che arricchirono le nostre aste. Nel corso degli anni, fino ai tempi più recenti, abbiamo trattato alcuni dei più importanti capolavori ancora disponibili sul mercato.
L’idea di fare una mostra su questo raffinato artista è nata già molto tempo fa, ma la realizzazione si è concretizzata grazie alla spinta della GAM: il progetto vuole offrire un omaggio non solo al pittore, ma anche ai collezionisti della Sant’Agostino, coloro che hanno contribuito alla realizzazione della memoria storica del pittore.
L’esposizione mette in luce la produzione di Italo Cremona dagli anni Venti fino agli anni Settanta. L’intento è poter presentare a Torino un unicum nella storia espositiva dell’artista: una visione più completa possibile delle sue opere pittoriche.
I collezionisti hanno risposto con grande entusiasmo alla richiesta di esporre i dipinti, ma non nego che in qualche caso ho dovuto insistere per averle in mostra e il prestito permetterà agli amanti di Cremona di poter vedere anche le opere che sono custodite gelosamente nelle loro case e raramente mostrate.
Italo Cremona nasce a Cozzo, in provincia di Pavia, nel 1905, “Io a Cozzo, ci sono nato e ci sono rimasto soltanto tre anni dei quali non ricordo quasi nulla” e si trasferisce a Torino con la famiglia nel 1911. Dopo la laurea in giurisprudenza inizia ad occuparsi di pittura, passione che coltiva fin da ragazzo, presso l’Accademia Albertina e poi alla Società degli Amici dell’arte.
I suoi maestri furono Mario Gachet e Vittorio Cavalleri. Conobbe la famiglia Casorati a Rubiana e di Felice Casorati ne divenne allievo sui generis. Cremona non fu solo pittore, ma una mente brillante in ambito letterario, artistico e cinematografico: fu scenografo, sceneggiatore, costumista, arredatore e, dal dopoguerra, insegnante di decorazione all’Accademia Albertina, dirigente dell’Istituto Statale d’Arte di Torino e scrittore di romanzi. Muore nel 1979 a Torino.
Il percorso della mostra si snoda lungo i temi portanti nella poetica del pittore, ovvero l’autoritratto e i ritratti, i nudi, i paesaggi urbani e gli interni. Tutto il mondo creato da Italo Cremona nel corso di oltre cinquant’anni di attività.
La città dipinta è quasi sempre Torino, con tagli parziali, vedute di tetti, piccole architetture, mai una rappresentazione sontuosa. Firenze è un’altra città frequentata e viene restituita sventrata, bombardata e fa da quinta compositiva nell’ “Autoritratto su rovine” del 1946. Questo dipinto è un esempio delle opere realizzate a Firenze nel periodo 1946-1948 che rappresentano una testimonianza biografica del soggiorno dell’artista nell’immediato dopoguerra in una città straziata dal conflitto bellico, tra le macerie, a cui si accompagna la tragedia individuale della cultura europea. In questi anni si assiste a una breve stagione pittorica di colloquio senza filtri con il tragico. I quadri fiorentini costituiscono un crocevia fondamentale nell’opera e nella vita stessa di Cremona, due aspetti sempre connessi, sul piano psicologico, emozionale e pittorico. Trattasi di pittura densa su cui campeggiano o il volto del pittore, reso “nudo” dal contesto, o la classica naturalità infranta e piagata del nudo. Entrambi i soggetti sono circondati dalla brutalità delle rovine, non mascherata, ma testimoniata dalla violenza espressionistica del colore.
“Specchio sferico” del 1943 condensa l’intima visione del pittore: l’autoritratto restituito distorto dalla sfera, l’interno dello studio, mille volte raffigurato, con gli oggetti del quotidiano: il sofà, la sedia a dondolo, il cavalletto e la composizione scenografica data dalle stoffe colorate e dalla piccola scultura in primo piano. Due realtà distinte che si compenetrano nell’occhio dell’osservatore.
“Cremona è un pittore di interni, anzi di un solo interno: quello della sua casa.” o dei suoi studi.
Il primo studio in Corso Dante, poi l’amatissimo di Via Po, sopra il caffè Nazionale distrutto dai bombardamenti del ’42, ancora dopo la guerra si trasferì in Piazza Cavour sopra la chiesa ortodossa e infine la casa/studio di Via Maria Vittoria. Questi luoghi vissuti vengono ripensati, creati, interpretati e infine sublimati nella pittura.
I Nudi in mostra sono dipinti fra la fine degli anni Venti e gli anni Settanta. Riporta Giovanni Arpino citando Cremona: “Se tornassi a disegnare e dipingere, farei soltanto più nudi, è il massimo della sfida.” “Nudi nello studio” del 1930 presenta ancora i temi cari: l’interno dello studio, la prospettiva che si rincorre nelle stanze che si aprono una dietro l’altra e le due modelle, l’una di schiena come spesso accade e l’altra appoggiata al sofà. In “Nudo con le scarpe rosse in un interno” del 1947 e “Nudo in un interno barocco” del 1950 vengono rappresentate ancora le scene di interno, che sottolineano una pittura autobiografica. La partecipazione ad allestimenti per il teatro e il cinema crea un gusto della composizione pensata per comunicare uno stato d’animo.
La matrice scenografica è dichiarata, come la naturale predisposizione per il gusto compositivo di tipo teatrale, spesso con curiose rappresentazioni bizzarre e assurde, in cui l’artista cerca di cogliere la matrice fantastica e visionaria della realtà. In queste “scenografie domestiche” lo sfondo, come in una scena di teatro, suggerisce un’apertura verso l’interno, verso il mondo quotidiano e intimo di Cremona, come in un caleidoscopio di immagini che si rincorrono all’infinito in un rimando continuo di significati.
Mostra a cura di Vanessa Carioggia e Andrea Barin.
Preview per la stampa
Giovedì 2 maggio 2024 alle ore 12
Inaugurazione
Giovedì 2 maggio 2024 dalle ore 17 alle ore 20
Introduzione alla mostra con Vanessa Carioggia e Andrea Barin alle ore 18.30
ITALO CREMONA nelle Collezioni Private fino al 24 maggio 2024,
dalle ore 9.30 alle 12.30- dalle 14.30 alle 18.30.
Lunedì mattina, sabato pomeriggio e domenica chiuso.
ITALO CREMONA nelle collezioni private Il 2 maggio 2024 presso la Casa d’aste Sant’Agostino di Torino verrà inaugurata la mostra “ITALO CREMONA nelle collezioni private”. L’esposizione farà da corollario della mostra dedicata all’artista che si terrà in GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e al Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto nel 2024. Il sodalizio del Maestro con la Sant’Agostino nasce indietro nel tempo. Consultando i nostri cataloghi d’asta mi sono accorta che un’opera di Cremona compare già nei primi anni Ottanta. Nei primi anni Novanta la moglie, Danila Dellacasa, ci consegnò un nucleo consistente di opere che arricchirono le nostre aste. Nel corso degli anni, fino ai tempi più recenti, abbiamo trattato alcuni dei più importanti capolavori ancora disponibili sul mercato. L’idea di fare una mostra su questo raffinato artista è nata già molto tempo fa, ma la realizzazione si è concretizzata grazie alla spinta della GAM: il progetto vuole offrire un omaggio non solo al pittore, ma anche ai collezionisti della Sant’Agostino, coloro che hanno contribuito alla realizzazione della memoria storica del pittore. L’esposizione mette in luce la produzione di Italo Cremona dagli anni Venti fino agli anni Settanta. L’intento è poter presentare a Torino un unicum nella storia espositiva dell’artista: una visione più completa possibile delle sue opere pittoriche. I collezionisti hanno risposto con grande entusiasmo alla richiesta di esporre i dipinti, ma non nego che in qualche caso ho dovuto insistere per averle in mostra e il prestito permetterà agli amanti di Cremona di poter vedere anche le opere che sono custodite gelosamente nelle loro case e raramente mostrate. Italo Cremona nasce a Cozzo, in provincia di Pavia, nel 1905, “Io a Cozzo, ci sono nato e ci sono rimasto soltanto tre anni dei quali non ricordo quasi nulla” (1) e si trasferisce a Torino con la famiglia nel 1911. Dopo la laurea in giurisprudenza inizia ad occuparsi di pittura, passione che coltiva fin da ragazzo, presso l’Accademia Albertina e poi alla Società degli Amici dell’arte. I suoi maestri furono Mario Gachet e Vittorio Cavalleri. Conobbe la famiglia Casorati a Rubiana e di Felice Casorati ne divenne allievo sui generis. Cremona non fu solo pittore, ma una mente brillante in ambito letterario, artistico e cinematografico: fu scenografo, sceneggiatore, costumista, arredatore e, dal dopoguerra, insegnante di decorazione all’Accademia Albertina, dirigente dell’Istituto Statale d’Arte di Torino e scrittore di romanzi. Muore nel 1979 a Torino. Il percorso della mostra si snoda lungo i temi portanti nella poetica del pittore, ovvero l’autoritratto e i ritratti, i nudi, i paesaggi urbani e gli interni. Tutto il mondo creato da Italo Cremona nel corso di oltre cinquant’anni di attività. La città dipinta è quasi sempre Torino, con tagli parziali, vedute di tetti, piccole architetture, mai una rappresentazione sontuosa. Firenze è un’altra città frequentata e viene restituita sventrata, bombardata e fa da quinta compositiva nell’ “Autoritratto su rovine” del 1946. Questo dipinto è un esempio delle opere realizzate a Firenze nel periodo 1946-1948 che rappresentano una testimonianza biografica del soggiorno dell’artista nell’immediato dopoguerra in una città straziata dal conflitto bellico, tra le macerie, a cui si accompagna la tragedia individuale della cultura europea. In questi anni si assiste a una breve stagione pittorica di colloquio senza filtri con il tragico. I quadri fiorentini costituiscono un crocevia fondamentale nell’opera e nella vita stessa di Cremona, due aspetti sempre connessi, sul piano psicologico, emozionale e pittorico. Trattasi di pittura densa su cui campeggiano o il volto del pittore, reso “nudo” dal contesto, o la classica naturalità infranta e piagata del nudo. Entrambi i soggetti sono circondati dalla brutalità delle rovine, non mascherata, ma testimoniata dalla violenza espressionistica del colore. “Specchio sferico” del 1943 condensa l’intima visione del pittore: l’autoritratto restituito distorto dalla sfera, l’interno dello studio, mille volte raffigurato, con gli oggetti del quotidiano: il sofà, la sedia a dondolo, il cavalletto e la composizione scenografica data dalle stoffe colorate e dalla piccola scultura in primo piano. Due realtà distinte che si compenetrano nell’occhio dell’osservatore. “Cremona è un pittore di interni, anzi di un solo interno: quello della sua casa.” (2) o dei suoi studi. Il primo studio in Corso Dante, poi l’amatissimo di Via Po, sopra il caffè Nazionale distrutto dai bombardamenti del ’42, ancora dopo la guerra si trasferì in Piazza Cavour sopra la chiesa ortodossa e infine la casa/studio di Via Maria Vittoria. Questi luoghi vissuti vengono ripensati, creati, interpretati e infine sublimati nella pittura. I Nudi in mostra sono dipinti fra la fine degli anni Venti e gli anni Settanta. Riporta Giovanni Arpino citando Cremona: “Se tornassi a disegnare e dipingere, farei soltanto più nudi, è il massimo della sfida.” (3) “Nudi nello studio” del 1930 presenta ancora i temi cari: l’interno dello studio, la prospettiva che si rincorre nelle stanze che si aprono una dietro l’altra e le due modelle, l’una di schiena come spesso accade e l’altra appoggiata al sofà. In “Nudo con le scarpe rosse in un interno” del 1947 e “Nudo in un interno barocco” del 1950 vengono rappresentate ancora le scene di interno, che sottolineano una pittura autobiografica. La partecipazione ad allestimenti per il teatro e il cinema crea un gusto della composizione pensata per comunicare uno stato d’animo. La matrice scenografica è dichiarata, come la naturale predisposizione per il gusto compositivo di tipo teatrale, spesso con curiose rappresentazioni bizzarre e assurde, in cui l’artista cerca di cogliere la matrice fantastica e visionaria della realtà. In queste “scenografie domestiche” lo sfondo, come in una scena di teatro, suggerisce un’apertura verso l’interno, verso il mondo quotidiano e intimo di Cremona, come in un caleidoscopio di immagini che si rincorrono all’infinito in un rimando continuo di significati. Vanessa Carioggia 1 S. Loffredo e P. Pananti (a cura di), “L’indiscreto. Il pittore si consola disegnando la pistola”, edizione Galleria Pananti, Firenze, Maggio 1976, pagina senza numero. 2 Michele Guerrisi in “Italo Cremona pittore”, catalogo della mostra, Cenacolo, edizioni del Cenacolo, Genova, dal 1 al 15 novembre 1933. 3 Giovanni Arpino in “Italo Cremona: dipinti e disegni”, catalogo della mostra, Galleria Davico-La Parisina, Torino, 27 novembre 1980-4 gennaio 1981. IL MIO ITALO CREMONA ad Amalia Bottino Negli anni Novanta, giovane studente del corso di pittura dell’Accademia Albertina di Torino al termine delle lezioni avevo l’abitudine di vagabondare in bicicletta per le vie del centro prima di tornare a casa. Passando davanti ad una galleria d’arte rimasi colpito dalle opere esposte, un’intera vetrina era allestita con dipinti di un artista allora a me sconosciuto. Tuttavia, quello che mi emozionò non furono immediatamente i dipinti, bensì un’incisione di Giorgio Morandi che avrei scoperto essere appartenuta a questo artista. Iniziavo, in quegli anni, a muovere i primi passi come disegnatore e come collezionista d’incisioni dei Maestri di ambito esclusivamente torinese, tra cui Saroni, Calandri ed altri. Morandi incisore, era per me un assoluto punto di riferimento e per un istante accarezzai l’idea di poter annettere alla mia piccola raccolta un foglio del grande maestro bolognese, infrangendo così una regola che sarebbe diventata poi nel corso degli anni una mia magnifica ossessione: la “torinesità”. Entrai per chiedere informazioni e l’antiquario fu molto gentile nel raccontarmi la storia di quell’ incisione. Prese l’opera dalla vetrina e me la mostrò da vicino, vi era scritta a matita una dedica di Morandi al caro amico artista, in aggiunta l’antiquario mi fece vedere una curiosa fotografia. Questa ritraeva un uomo in canottiera intento a prendere la mira con una pistola, dentro una stanza con appese alle pareti diverse incisioni tra cui proprio quell’opera che tenevo tra le mani. L’ artista era Italo Cremona e la richiesta per il Morandi era di quaranta milioni di lire … il sogno si trasformò subito in un incubo. Ricordo ancora che, sebbene fossi perfettamente cosciente di non potermi permettere l’acquisto, nei miei pensieri si affacciarono maldestri tentativi ed ingenui stratagemmi per racimolare parte della cifra, ma fu tutto inutile ed anche molto frustrante. D’ogni modo l’incontro di quel giorno gettò in me un seme che negli anni inconsapevolmente germogliò e diede i suoi frutti. Terminata l’Accademia ebbi la fortuna di approdare come artista alla scuderia di Silvano Gherlone, lo storico gallerista della Davico. Questa galleria d’arte era stata il punto di riferimento torinese per il figurativo contemporaneo italiano dal 1970 per più di trent’anni. L’ingresso era dalla affascinante Galleria Subalpina uno dei luoghi iconici di Torino. Nel retrobottega, in quel meraviglioso salottino che si affacciava su via Carlo Alberto, ci si ritrovava a discutere di artisti, di mostre e a sfogliare cataloghi. Fu proprio lì che Silvano mi regalò il catalogo della prima mostra da lui organizzata nel 1974 e dedicata a Cremona, di cui era grande estimatore ed amico e alla quale ne seguirono diverse altre. Per la copertina di questo catalogo era stata scelta “Composizione con cranio di airone” un olio su tela del 1937. Quest’opera, molto originale, avrebbe influenzato non poco la mia futura estetica artistica e mai avrei pensato che un giorno potesse diventare mia, mentre scrivo infatti queste righe posso ammirarla con gioia appesa davanti ai miei occhi. Passarono diversi anni fino a quando, agli inizi del Duemila dopo la mia prima personale da Davico, un amico mi presentò Santo Alligo, personaggio torinese singolare e poliedrico, grafico pubblicitario, scultore, esperto di libri illustrati del Novecento ed appassionato collezionista. Nella sua raffinata casa, tra le tante opere d’arte, vidi un dipinto strepitoso. Il soggetto era un tavolo sul quale spiccavano un cappello tipo Borsalino, una pistola e diversi altri elementi. Questi oggetti poggiavano su alcuni giornali riconoscibili tra cui “La Libra”, una rivista letteraria pubblicata tra il 1928 e il 1930 e che dava il titolo all’opera connotandola anche storicamente. L’entusiasmo di Santo nel parlare di quel capolavoro assoluto mi contagiò e per la seconda volta Cremona in un modo o in un altro creava in me turbamenti da povero collezionista. Bisognava arrivare fino al 2014 prima che potessi acquistare il mio primo dipinto del Maestro. Si trattava di “Natura morta con manichino” del 1929 e proprio in quell’occasione avvenne un incontro fondamentale, conobbi la dottoressa Amalia Bottino ultima amorevole custode dell’Archivio storico di Italo Cremona. Mi ricordo bene di quando venne a casa nostra accompagnata da Silvano Gherlone per vedere il dipinto dal vero. Del quadro si erano infatti perse le tracce e nemmeno l’archivio ne possedeva a quei tempi una foto a colori tant’è che sul catalogo generale era stato pubblicato in bianco e nero. Ogni qualvolta riuscivo ad annettere alla collezione un’opera di questo artista condividevo con Amalia la gioia del nuovo ritrovamento. Negli anni ci eravamo sentiti spesso al telefono e incontrati alcune volte di persona. Nell’ultimo incontro avevo coadiuvato la dottoressa Bottino nella preparazione del materiale in vista di un progetto per una possibile retrospettiva del Maestro. Il lockdown ci fece sprofondare in un isolamento forzato e avrebbe purtroppo cancellato tutti i nostri sogni. La fine dell’estate del 2020 fu segnata dalla tristissima notizia della scomparsa della dottoressa Bottino. A settembre sua sorella mi invitò a casa di Amalia consegnandomi una commovente lettera e quanto rimaneva in casa sua di relativo a Cremona. Questo amorevole lascito fu per me la spinta a continuare il lavoro intrapreso insieme qualche anno prima. Nel corso degli anni ho condiviso con molte persone appassionate d’arte l’amore profondo per Torino, città enigmatica in grado di dare i natali ad artisti originalissimi oppure di accoglierli, come nel caso di Cremona, amandoli e valorizzandoli in vita per poi farli tragicamente sprofondare nell’oblio una volta scomparsi. Penso anche alle discussioni con Stefania e Stefano Testa nella loro meravigliosa Galleria del Ponte, ultimo baluardo a tutela di un certo tipo di cultura estetica torinese. Quante volte si è auspicata la necessità di mostre che potessero e qui cito testualmente le amorevoli parole di Vittorio Sgarbi: “restituire la considerazione che meritano e ottenere la conseguente soddisfazione estetica, ad alcuni artisti torinesi, non minori ma trascurati”. Al Professor Sgarbi va dato il merito di aver ridato nuova linfa vitale a questo mondo troppo spesso sottovalutato, facendosi promotore presso il MART di una serie di mostre in assoluta controtendenza. Partendo nel 2023 con Mario Reviglione, avendo già calendarizzato una mostra su Mario Calandri, fino alla grande retrospettiva di Cremona inaugurata pochi giorni fa alla GAM e che verrà poi spostata al MART di Rovereto. Questo semplice testo è per ringraziare le innumerevoli persone con le quali ho condiviso questa storia Cremoniana, soprattutto Vanessa Carioggia con la quale da anni si accarezzava l’idea di realizzare un progetto significativo e che oggi si concretizza con la mostra qui in Sant’Agostino, ITALO CREMONA nelle collezioni private. Andrea Barin
Il 2 maggio 2024 presso la Casa d’aste Sant’Agostino di Torino verrà inaugurata la mostra “ITALO CREMONA nelle collezioni private”.
Italo Cremona nasce a Cozzo, in provincia di Pavia, nel 1905, “Io a Cozzo, ci sono nato e ci sono rimasto soltanto tre anni dei quali non ricordo quasi nulla” (1) e si trasferisce a Torino con la famiglia nel 1911. Dopo la laurea in giurisprudenza inizia ad occuparsi di pittura, passione che coltiva fin da ragazzo, presso l’Accademia Albertina e poi alla Società degli Amici dell’arte.
“Cremona è un pittore di interni, anzi di un solo interno: quello della sua casa.” (2) o dei suoi studi.
I Nudi in mostra sono dipinti fra la fine degli anni Venti e gli anni Settanta. Riporta Giovanni Arpino citando Cremona: “Se tornassi a disegnare e dipingere, farei soltanto più nudi, è il massimo della sfida.” (3) “Nudi nello studio” del 1930 presenta ancora i temi cari: l’interno dello studio, la prospettiva che si rincorre nelle stanze che si aprono una dietro l’altra e le due modelle, l’una di schiena come spesso accade e l’altra appoggiata al sofà. In “Nudo con le scarpe rosse in un interno” del 1947 e “Nudo in un interno barocco” del 1950 vengono rappresentate ancora le scene di interno, che sottolineano una pittura autobiografica. La partecipazione ad allestimenti per il teatro e il cinema crea un gusto della composizione pensata per comunicare uno stato d’animo.
Vanessa Carioggia
1 S. Loffredo e P. Pananti (a cura di), “L’indiscreto. Il pittore si consola disegnando la pistola”, edizione Galleria Pananti, Firenze, Maggio 1976, pagina senza numero.
2 Michele Guerrisi in “Italo Cremona pittore”, catalogo della mostra, Cenacolo, edizioni del Cenacolo, Genova, dal 1 al 15 novembre 1933.
3 Giovanni Arpino in “Italo Cremona: dipinti e disegni”, catalogo della mostra, Galleria Davico-La Parisina, Torino, 27 novembre 1980-4 gennaio 1981.
IL MIO ITALO CREMONA ad Amalia Bottino
Negli anni Novanta, giovane studente del corso di pittura dell’Accademia Albertina di Torino al termine delle lezioni avevo l’abitudine di vagabondare in bicicletta per le vie del centro prima di tornare a casa. Passando davanti ad una galleria d’arte rimasi colpito dalle opere esposte, un’intera vetrina era allestita con dipinti di un artista allora a me sconosciuto.
Tuttavia, quello che mi emozionò non furono immediatamente i dipinti, bensì un’incisione di Giorgio Morandi che avrei scoperto essere appartenuta a questo artista. Iniziavo, in quegli anni, a muovere i primi passi come disegnatore e come collezionista d’incisioni dei Maestri di ambito esclusivamente torinese, tra cui Saroni, Calandri ed altri.
Morandi incisore, era per me un assoluto punto di riferimento e per un istante accarezzai l’idea di poter annettere alla mia piccola raccolta un foglio del grande maestro bolognese, infrangendo così una regola che sarebbe diventata poi nel corso degli anni una mia magnifica ossessione: la “torinesità”.
Entrai per chiedere informazioni e l’antiquario fu molto gentile nel raccontarmi la storia di quell’ incisione. Prese l’opera dalla vetrina e me la mostrò da vicino, vi era scritta a matita una dedica di Morandi al caro amico artista, in aggiunta l’antiquario mi fece vedere una curiosa fotografia. Questa ritraeva un uomo in canottiera intento a prendere la mira con una pistola, dentro una stanza con appese alle pareti diverse incisioni tra cui proprio quell’opera che tenevo tra le mani. L’ artista era Italo Cremona e la richiesta per il Morandi era di quaranta milioni di lire … il sogno si trasformò subito in un incubo.
Ricordo ancora che, sebbene fossi perfettamente cosciente di non potermi permettere l’acquisto, nei miei pensieri si affacciarono maldestri tentativi ed ingenui stratagemmi per racimolare parte della cifra, ma fu tutto inutile ed anche molto frustrante.
D’ogni modo l’incontro di quel giorno gettò in me un seme che negli anni inconsapevolmente germogliò e diede i suoi frutti.
Terminata l’Accademia ebbi la fortuna di approdare come artista alla scuderia di Silvano Gherlone, lo storico gallerista della Davico. Questa galleria d’arte era stata il punto di riferimento torinese per il figurativo contemporaneo italiano dal 1970 per più di trent’anni. L’ingresso era dalla affascinante Galleria Subalpina uno dei luoghi iconici di Torino. Nel retrobottega, in quel meraviglioso salottino che si affacciava su via Carlo Alberto, ci si ritrovava a discutere di artisti, di mostre e a sfogliare cataloghi. Fu proprio lì che Silvano mi regalò il catalogo della prima mostra da lui organizzata nel 1974 e dedicata a Cremona, di cui era grande estimatore ed amico e alla quale ne seguirono diverse altre.
Per la copertina di questo catalogo era stata scelta “Composizione con cranio di airone” un olio su tela del 1937.
Quest’opera, molto originale, avrebbe influenzato non poco la mia futura estetica artistica e mai avrei pensato che un giorno potesse diventare mia, mentre scrivo infatti queste righe posso ammirarla con gioia appesa davanti ai miei occhi.
Passarono diversi anni fino a quando, agli inizi del Duemila dopo la mia prima personale da Davico, un amico mi presentò Santo Alligo, personaggio torinese singolare e poliedrico, grafico pubblicitario, scultore, esperto di libri illustrati del Novecento ed appassionato collezionista. Nella sua raffinata casa, tra le tante opere d’arte, vidi un dipinto strepitoso. Il soggetto era un tavolo sul quale spiccavano un cappello tipo Borsalino, una pistola e diversi altri elementi.
Questi oggetti poggiavano su alcuni giornali riconoscibili tra cui “La Libra”, una rivista letteraria pubblicata tra il 1928 e il 1930 e che dava il titolo all’opera connotandola anche storicamente.
L’entusiasmo di Santo nel parlare di quel capolavoro assoluto mi contagiò e per la seconda volta Cremona in un modo o in un altro creava in me turbamenti da povero collezionista.
Bisognava arrivare fino al 2014 prima che potessi acquistare il mio primo dipinto del Maestro. Si trattava di “Natura morta con manichino” del 1929 e proprio in quell’occasione avvenne un incontro fondamentale, conobbi la dottoressa Amalia Bottino ultima amorevole custode dell’Archivio storico di Italo Cremona. Mi ricordo bene di quando venne a casa nostra accompagnata da Silvano Gherlone per vedere il dipinto dal vero. Del quadro si erano infatti perse le tracce e nemmeno l’archivio ne possedeva a quei tempi una foto a colori tant’è che sul catalogo generale era stato pubblicato in bianco e nero. Ogni qualvolta riuscivo ad annettere alla collezione un’opera di questo artista condividevo con Amalia la gioia del nuovo ritrovamento. Negli anni ci eravamo sentiti spesso al telefono e incontrati alcune volte di persona. Nell’ultimo incontro avevo coadiuvato la dottoressa Bottino nella preparazione del materiale in vista di un progetto per una possibile retrospettiva del Maestro.
Il lockdown ci fece sprofondare in un isolamento forzato e avrebbe purtroppo cancellato tutti i nostri sogni.
La fine dell’estate del 2020 fu segnata dalla tristissima notizia della scomparsa della dottoressa Bottino.
A settembre sua sorella mi invitò a casa di Amalia consegnandomi una commovente lettera e quanto rimaneva in casa sua di relativo a Cremona.
Questo amorevole lascito fu per me la spinta a continuare il lavoro intrapreso insieme qualche anno prima.
Nel corso degli anni ho condiviso con molte persone appassionate d’arte l’amore profondo per Torino, città enigmatica in grado di dare i natali ad artisti originalissimi oppure di accoglierli, come nel caso di Cremona, amandoli e valorizzandoli in vita per poi farli tragicamente sprofondare nell’oblio una volta scomparsi.
Penso anche alle discussioni con Stefania e Stefano Testa nella loro meravigliosa Galleria del Ponte, ultimo baluardo a tutela di un certo tipo di cultura estetica torinese. Quante volte si è auspicata la necessità di mostre che potessero e qui cito testualmente le amorevoli parole di Vittorio Sgarbi: “restituire la considerazione che meritano e ottenere la conseguente soddisfazione estetica, ad alcuni artisti torinesi, non minori ma trascurati”.
Al Professor Sgarbi va dato il merito di aver ridato nuova linfa vitale a questo mondo troppo spesso sottovalutato, facendosi promotore presso il MART di una serie di mostre in assoluta controtendenza. Partendo nel 2023 con Mario Reviglione, avendo già calendarizzato una mostra su Mario Calandri, fino alla grande retrospettiva di Cremona inaugurata pochi giorni fa alla GAM e che verrà poi spostata al MART di Rovereto.
Questo semplice testo è per ringraziare le innumerevoli persone con le quali ho condiviso questa storia Cremoniana, soprattutto Vanessa Carioggia con la quale da anni si accarezzava l’idea di realizzare un progetto significativo e che oggi si concretizza con la mostra qui in Sant’Agostino, ITALO CREMONA nelle collezioni private.
Andrea Barin
ITALO CREMONA
Cozzo Lomellina (PV) 1905 - 1979 Torino
"Autoritratto", al retro "Studio per Il cavallo di gesso" 1930
"Specchio sferico" 1943
"Autoritratto su rovine", Firenze, 1946
"Autoritratto" 1947
"Autoritratto (in canottiera)" 1950 circa
"Autoritratto allo specchio" 1950
"Ritratto femminile" 1929, al retro (separato) "Natura morta col manichino" 1929
"Ritratto di donna" 1932 circa
"Figura in meditazione" 1935 circa, al retro "Studio per la Venere" 1950 circa
"Testa velata", al retro "Frammento di nudo" 1935 circa
"Composizione col ritratto della madre" 1938
"Ritratto di Elvira Casorati" 1938 circa
"Ritratto di Danila" 1939 circa
"Interno con figura" 1946 circa
"Ritratto su fondo a pois", al retro "Studio per Carillon", 1950 circa
"Mercato" 1927
"Donna in riposo" 1929
"Figura col manto rosso", al retro "La mano del Pellegrino" 1932 circa
"Danila distesa con la gonna blu" 1944
"Donna col vestito blu" 1960 circa
"Nudi nello studio", 1930
"Nudo sdraiato", al retro "Luna Park" 1930 circa
"Nudo sul divano" 1931
"Nudo in un interno barocco", al retro "Il cacciatore" 1950
"Studio per Figure con la finestra ovale" 1939 circa
"Figura" metà anni '40
"Studio per Nudo su rovine" 1946 circa
"Modella (Maria Poma)" 1946
"Nudo di schiena" 1946
"Nudo con i fioretti" 1946-1966
"Nudo con le scarpe rosse in un interno" 1947
"Modella romana III" 1948
"Studio per Carillon (Nudi)" 1950
"Nudo di profilo" 1955
"Nudo col cavalletto" 1955
"Nudi con contrabbasso" 1957 circa
"Venere acefala" 1958 circa
"Nudo sul telo giallo" 1958 circa
"Nudo di schiena" 1958
"Figura" anni '50
"Studio di figura con le braccia conserte", al retro "Tre figure" 1958
"Due nudi" 1959 circa
"Nudo alla finestra" 1959 circa
"Nudo" 1965
"Nudo acefalo" 1965 circa
"Nudo abbracciato" 1966
"Studio di nudo I (con la mano)" 1966 circa
"Nudo di schiena" 1968
"Studio di nudo di schiena I" 1968
"Studio di nudo" 1968 circa
"Studio di nudo II (su fondo rosso)" 1968
"Nudo femminile" 1969
"Nudo nella grotta" 1970
"Nudo di schiena" 1970
"Nudo con gli archi" 1970 circa
"Paesaggio" 1920 circa
"Castello medievale" 1923
"Guantone da scherma" 1928
"Personaggi in un interno con guanto da scherma" 1929 circa
"Oggetti (Natura morta col murice)", 1930 circa
"Gli arditi I" 1930 circa
"Gli arditi II" 1930 circa
"La rivolta", anni '30
"Il circo Gleich" 1932
"Macchina per cucire" 1938 circa
"Studio per Interno nero (Il torchio)" 1937
"La tagliola" 1947
"Studio per La torre" 1947
"Paesaggio" 1933
"Piazza con chiesa gotica" 1950
"Studio di finestre" 1950 circa
"L'albero in città", al retro "Studio per Il Circo" 1950 circa
"Demolizione I" 1958
"Demolizione II" 1959
"Case a Monterosso" 1966
"Impalcatura" 1967
"Ritratto con manichino" 1942
"Lo studio" 1956
"Studio per Interno al Seminario" 1952
"Studio di figure" 1962
Doppia acquaforte (fronte e retro): "Autoritratto", 1968 / "Prova scherzosa", 1963
"Pistola" 1969
"Pistola da Marina"